Pagina (37/97)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Per i cavouriani è di Cavour. Non è che nella sua testa che era il sedimento dell'indipendenza nazionale. A chi credere? A nessuno. L'indipendenza non è mai stata una idea personale. Seminata è diventata collettiva. Era un grido solo: O Roma o morte. Si moriva con la canzone sulle labbra.
     
      Le case d'Italia son fatte per noi.
      Va fuori d'Italia, va fuori, stranier.
     
      Ma a noi importa, proprio poco chi sia l'autore ufficiale della unificazione. Per noi non è che il popolo. È il popolo che ha tenuto vivo quello che veniva chiamato il fuoco sacro, è il popolo che ha odiato l'Austria e il Borbone, che ha subito la galera e il patibolo, che è passato attraverso i periodi degli eroismi fantastici, che ha combattuto e vinto.
      Chi ha guadagnato? La Borghesia.
      È lei che ha detto che fatta l'Italia bisognava fare gli italiani. E in nome di questo aforisma il popolo è diventato strame, concime, immondizia sociale. Lo ha straziato, diffamato, respinto, decimato. La sua gratitudine per la conquista patriottica, la troviamo nei garibaldini. Ha iniziato i suoi svaligiamenti disprezzandoli, disperdendoli, considerandoli pezzenti, vagabondi, inquilini del carcere. Li ha mandati tutti a casa con 72 lire e anche ora che siamo a Roma da 40 anni, non ha cessato di trattarli da mendicanti. Ha dato loro 50 lire. Vile somma che senza la miseria coercitiva, i superstiti, avrebbero dovuto sbattere sulla faccia del Parlamento che l'ha votata.
      Ma ci occuperemo dopo di loro. Per ora contentiamoci di vedere come sono state trattate le folle del lavoro.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Il cinquantenario
Note per la ricostruzione della vita pubblica italiana
di Paolo Valera
Casa Editrice Sociale Milano
1945 pagine 97

   





Cavour O Roma Italia Italia Austria Borbone Borghesia Italia Roma Parlamento