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      Crocco e Caruso erano delle idee politiche. Vivevano per il Borbone. Sognavano di diventare generali e marchesi, come era avvenuto ai loro predecessori. Chiavone, per esempio, era un autogenerale. Pilone si faceva chiamare cavaliere. Crocco portava sul petto con orgoglio delle decorazioni con nastri gialli. Ninco Nanco, cioè Giuseppe Nicola Somma, si spacciava per colonnello. Per i braccianti erano i simboli della giustizia.
      Diventavano a loro insaputa i loro protettori, i loro manutengoli.
      Agli occhi delle plebi, piene di immaginazione e crucciate dalle privazioni, il brigante si trasformava in un vindice dei torti che subivano. Il brigante, dice il Massari, non è più l'assassino, il ladro, il saccheggiatore, ma l'uomo che con la sua forza sa rendere a sè ed agli altri la giustizia a cui le leggi non provvedono: il masnadiero diventa eroe. In questa metamorfosi raccoglie una intera storia di dolori non alleviati, di ingiustizie non riparate, ed un insegnamento morale che non può andare perduto. Là dove le leggi non sono fatte nell'interesse di tutti, e non sono imparzialmente eseguite per e contro tutti, l'infrazione alle leggi diventa consuetudine ed argomento non di disdoro, ma di vanità e di gloria. Là dove il manto della legge non si stende ugualmente su tutti, chi forza a lacerarlo, invece dell'infamia, consegue agli occhi delle moltitudinità, prestigio ed ammirazione.
      Anche noi, nelle condizioni dei braccianti, dei cafoni e dei terrazzani, diventeremmo briganti. Si facevano arresti in massa.


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Il cinquantenario
Note per la ricostruzione della vita pubblica italiana
di Paolo Valera
Casa Editrice Sociale Milano
1945 pagine 97

   





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