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      La truppa regia ha fatto fuoco sulla folla e ne ha ammazzati e feriti un numero discreto. Garibaldi che non aveva in testa che "O Roma o morte" ha messo pace. Non ha avuto che qualche parola indignata. È a Catania ch'egli scoppia, ma scoppia contro Napoleone III. È stata un'irruzione di lava cerebrale incandescente.
      Non appena in Palermo si è rovesciato sul protettore del papa. "Popolo di Palermo! il padrone della Francia, il traditore del 2 dicembre, colui che versò il sangue dei fratelli di Parigi, sotto il pretesto di tutelare la persona del pontefice, di tutelare la religione, il cattolicismo, occupa Roma. - Menzogna, menzogna! Egli è mosso da libidine, da rapina, da sete infame di impero; egli è il primo che alimenta il brigantaggio. Egli si è fatto capo di briganti, di assassini. Popolo del Vespro, popolo del '60, bisogna che Napoleone sgombri Roma. Se è necessario si faccia un nuovo Vespro - 15 luglio 1862. G. Garibaldi".
      La monarchia è rimasta vile. Ha fatto perseguitare i garibaldini. Ha denunciato il loro duce come un ribelle. Napoleone aveva telegrafato. "Dov'è la mia bandiera (a Roma), sono io e la Francia: Ed io non posso soffrire che siano tutti oltraggiati dai vituperii che Garibaldi ci scaglia nei suoi proclami insurrezionali".
      Vittorio Emanuele non si è fatto aspettare. "Ogni appello che non è il suo, è un appello alla ribellione, alla guerra civile. La responsabilità ed il rigore delle leggi cadranno su coloro che non ascolteranno le mie parole. Re acclamato dalla Nazione (quale modestia!


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Il cinquantenario
Note per la ricostruzione della vita pubblica italiana
di Paolo Valera
Casa Editrice Sociale Milano
1945 pagine 97

   





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