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      Non c'è giustizia, non c'è lealtà fra gli svaligiatori della terza Italia.
      Crispi è stato il prototipo dei malviventi.
      Come presidente dei ministri ha venduto a Cornelius Hertz una decorazione monarchica per 50 mila lire, ha mentito quando ha dichiarato il documento contro i Fasci "firmatissimo", come ha mentito quando ha finto di sposare Rosalia Montmasson. Egli è stato veramente un galeotto. Dal giorno che ha detto che la monarchia univa e la repubblica disuniva non ha avuto più ritegni. Ha innalzato la bandiera del paltoniere.
      Ha mantenuto un esercito di pennivendoli, molti dei quali sono ancora vivi, a mille, a duemila, a quindicimila lire il mese. Megalomane, ha lasciato che il Baratieri conducesse al macello un esercito di 40 o 50 mila uomini contro Menelik. Si è servito largamente del domicilio coatto. Se ne è servito per delle vendette politiche, per disfarsi dei socialisti che non poteva più ammucchiare nelle prigioni, perchè, come diceva Felice Cavallotti, le vittime erano già "accatastate nei carnai della nuova Italia". Non parliamo della sua azione nel processo Lobbia, del plico Lobbia, contenente le lettere rubate a Paolo Fambri. Ci basti citare i suoi ultimi traffici inclusi nella inchiesta dei sette e le sue ultime ruberie colla compiacenza del Favilla, il direttore della Banca di emissione di Bologna. Non è più un mistero che un uomo come lui - ed è stato detto quando era in vita - si è servito a piene mani dei fondi segreti - come è stato detto di Nicotera - i due rivoluzionari che hanno massacrato più giornali di tutti gli altri ministri, che hanno sciolte più organizzazioni politiche e operaie di tutti gli statisti lungo un secolo di vita sociale, che hanno messo in prigione più sovversivi o sobillatori di tutti gli altri ministri messi assieme.


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Il cinquantenario
Note per la ricostruzione della vita pubblica italiana
di Paolo Valera
Casa Editrice Sociale Milano
1945 pagine 97

   





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