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      Il ministro Minghetti aveva incominciato a sentire che non c'era più che la violenza che potesse trattenerla o frenarla.
      E allora, non appena ha saputo che i repubblicani si dovevano radunare a Villa Ruffi, in aperta campagna, ha messo sottosopra l'esercito e la pubblica sicurezza.
      Li ha messi in agguato. I giornali erano tutti prezzolati. Il ministero era l'opinione pubblica.
      Ha fatto circolare che in quella regione era il focolare dei congiurati. Tutti vedevano facce "sospette".
      I "congiurati" non erano ancora all'esordio della discussione che nella villa c'è stata una irruzione di poliziotti e di soldati al servizio della polizia. Non ne ricordo bene il numero, ma gli aggressori legali ne hanno arrestati trentasei.
      Fra i trentasei erano Aurelio Saffi e Fortis, divenuto più tardi presidente dei ministri d'Italia.
      Aurelio Saffi era uno dei repubblicani più eminenti e più venerati.
      Gli arrestati vennero trattati da malfattori. I prigionieri sono stati chiusi in uno stanzone della Villa per 36 ore, senza mangiare e poi vennero ammanettati e condotti a piedi, in mezzo a nugoli di carabinieri, di agenti di P. S. e di soldati, dalla Villa Ruffi a Spoleto e chiusi nella Rocca di quella città, come se fossero stati i peggiori malfattori d'Italia.
      Il ministero, per spaventare il corpo elettorale, ha diffuso nella penisola che gli arrestati erano giacobini in giro col petrolio, con la dinamite e col coltello.
      Non si sono processati. Sono stati trattenuti in fortezza per cinque mesi.
      La discussione in Parlamento è stata iniziata da Benedetto Cairoli.


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Il cinquantenario
Note per la ricostruzione della vita pubblica italiana
di Paolo Valera
Casa Editrice Sociale Milano
1945 pagine 97

   





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