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      Ero in casa che stavo per andare a dormire. Tra le otto e le otto e mezza sentii bussare. Chi č? Andai ad aprire. Erano due agenti di questura in borghese. Mi domandarono se ero il tale. Nossignori, risposi. Come vi chiamate? Cosė e cosė. Venite con noi, che il questore ha bisogno di parlarvi. Il questore? Non me lo feci dire due volte. Chi male non fa, paura non ha, va bene? Avevo lavorato tutti i giorni come nelle altre settimane e alla domenica ero andato col mio ragazzo a pescare.
      Di che cosa dovevo avere paura? Dissi alla moglie di non inquietarsi che sarei ritornato subito. Il signor questore non era uno stupido e sapeva quel che si faceva. Mi buttai in dosso la giacca in fretta e gių dalle scale con loro. Mi parevano buoni diavoli. Parlavano come persone dolenti di avere dovuto disturbarmi. Si figurino! Faccio intanto una passeggiata. Sul corso di porta Magenta mi diedero anzi un solfanello per la pipa. Piperei tutta la vita. Quando fummo in questura parlarono con un altro e mi lasciarono dicendo che sarebbero venuti a prendermi. Con tante cose da fare in quei giorni, si saranno dimenticati, perchč li aspetto ancora.
      Fatto sta che il nuovo individuo mi disse di vuotarmi le saccocce. Se non ho niente! Guardi pure. Faccia il comodo suo. Sono uscito di casa per un momento. D'abitudine non vado mai attorno coi denari in tasca. Al sabato consegno la settimana alla mia donna e non ci penso altro. Quando ho il tabacco per la pipa, basta. Non sono mica un beone che sciupa il sudore di una giornata nelle bettole.


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Dal Cellulare al Finalborgo
di Paolo Valera
Tipografia degli Operai Milano
1899 pagine 316

   





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