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      Mi brucia la pelle della faccia come se fosse stata scorticata e ho ancora per il naso l'odore putrilaginoso del suo sapone orribile.
      Stamattina riandavo la canzone:
     
      C'est aujourd'hui mon jour de barbe
     
      con piacere.
      Alle undici maledivo il barbitonsore del Cellulare come un rasoio di punizione. Egli rade e punisce.
      Mi sono messo in corrispondenza con uno scarpa internazionale che ha la cella al pianterreno. Fu lui che mi scrisse per dirmi che aveva letto tanti anni sono un mio libro.
      Egli č il Rousseau dei borsaiuoli d'alto rango. Si sbottona senza reticenze. Egli č quello che č, e non ha bisogno di far misteri con uno che egli chiama un "dottore sociale". Non ha fatto studii, ma ha letto e viaggiato molto. In un bigliettino di ieri l'altro mi faceva sapere che non voleva nč la mia commiserazione, nč il mio compianto. "Il delitto della vita mi ha frustato e fatto saltare al di lā della sbarra del codice penale, ed io non farō mai sforzo alcuno per rientrare nell'orbita della legge."
      Egli č divenuto la mia miniera. Mi sono attaccato a lui con la tenacia dei cercatori d'oro capitati in una terra aurifera. Per vederci egli mi scrisse di piegarmi sulle calcagna domattina al passeggio, vicino alla cancellata, in uno dei primi raggi, o di fare di tutto, con un pretesto qualunque, per mettermi fra gli ultimi. Indosserā un gilet e una giacca di velluto di seta e terrā il cappello duro in mano.
      Mi sono stati raccontati gli ultimi particolari di Enrico Corio. Egli era un tipaccio di giovine che si lasciava concitare dalla libidine dinanzi la carne del suo sesso.


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Dal Cellulare al Finalborgo
di Paolo Valera
Tipografia degli Operai Milano
1899 pagine 316

   





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