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      Ho notato, prima di tutto, che per andare in infermeria bisogna essere più che moribondi. Il medico è sempre riluttante a mandarvi in una cella d'infermeria. E io non posso dargli torto. Una volta che egli vi accorda il permesso di sdraiarvi sulla branda, si sta meglio nella cella del raggio. In quest'ultima c'è più luce e aria più pura. Il guaio grave, secondo me, è che se m'annuncio ammalato mi si punisce sopprimendomi l'ora d'aria. Come, il mio malessere è forse dovuto alla mancanza di moto e d'aria libera e voi mi tappate in cella tutte le volte che vado dal medico?
      Al detenuto che non abbia studiato bene il regolamento possono capitare giornate dolorose. La guardia di servizio tra le sei e le sette vi domanda: ammalato? qualche volta, salta una cella senza accorgersene. E spesso registra il trentatrè invece del trentacinque. Non c'è più rimedio. Bisogna stare attento domattina e suonare se non la si vede.
      La settimana passata mi sono annunciato ammalato: la guardia mi rispose:
      - Incominciate a mettere fuori la vostra pulizia - cioè a metter fuori il catino coll'acqua sporca, il vaso da notte e la spazzatura della cella.
      Sono ammalato e si esige da me il servizio della pulizia!
      Il quarto compagno è un galeotto. Egli è già stato in galera e ha fatto il giro di parecchie carceri giudiziarie.
      - L'infermeria carceraria è una nota dolorosissima. A Milano gli ammalati sono trattati, direi quasi, meglio che negli altri luoghi. Ma qui e dappertutto ho dovuto convincermi che nei casi d'urgenza si muore come cani.


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Dal Cellulare al Finalborgo
di Paolo Valera
Tipografia degli Operai Milano
1899 pagine 316

   





Milano