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      Don Davide, che era sempre stato tenuto separato dagli altri e che anche al Cellulare si mandava al passeggio da solo, si era preparata un'autodifesa di circa venti o venticinque fogli da protocollo, per provare, con grande semplicitā, la sua innocenza. Cominciava dal dire di ignorare il perchč era stato arrestato, carcerato e condotto al Tribunale, e tirava via affermando che, nč direttamente, nč indirettamente, aveva mai preso parte ai tumulti.
      Non solo, diceva egli in terza persona, nč indirettamente, nč direttamente non ha preso parte a tumulti, ma sempre in vita sua usō dello scritto e della parola per l'ordine nella religione, maestra di rispetto, fonte di civiltā e di proprietā. Lo stesso avvocato fiscale che lo incolpa di fini speciali, confessa di non sapere il perchč lo si perseguita. Fini speciali? Dunque, non connivenze con altri partiti, ma un'azione solitaria. Quale? Repubblicana, no; socialista, no; dunque? Distruzione dell'Italia attuale e ricostituzione del poter temporale del papa; questo, suppone l'accusatore. Ora, questo č assurdo, perchč don Davide Albertario in proposito ha per programma di attenersi a quello che gli altri poteri, l'ecclesiastico e il laicale, concertino tra di loro.
      Domando dunque, concludeva don Davide, che mi si lasci libero al mio lavoro benefico, al mio altare, alla mia famiglia. Sono cittadino e sacerdote e scrittore che ha fatto il suo dovere. Non rapitemi la libertā. L'onore, nč voi nč nessuno me lo rapiranno giammai. Rimandatemi al mio luogo di lavoro.


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Dal Cellulare al Finalborgo
di Paolo Valera
Tipografia degli Operai Milano
1899 pagine 316

   





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