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      Pensateci un minuto e vi troverete col capogiro!
     
      In generale il forzato, come lo abbiamo conosciuto noi, è buono. Nella zona della espiazione diventa un fratello che si intenerisce dei vostri dolori e vi rincuora alla speranza. A Finalborgo c'è stato un tempo in cui adempiva alla funzione pietosa d'infermiere Alfonso Carbone, un capo brigante che aveva della iena e che mutilava le sue vittime attorcigliandosi le loro budella intorno la mano. In infermeria, lo si poteva dire una suora di carità. Si alzava a tutte le ore, accorreva al letto di chiunque lo chiamasse e faceva di tutto per alleviare le sofferenze. Un compagno, che aveva passato dieci e più anni al "Castellaccio", mi raccontava della bontà di Cipriano La Gala. Egli, Cipriano La Gala, era là a scontare la prima condanna di dieci anni di isolamento. Fu un modello di condotta. Così irreprensibile che il direttore, signor Brunellesco, dopo sette anni, lo fece scatenare e mettere in compagnia di altri quindici galeotti. In sette anni il La Gala non aveva mai detto una parola alla guardia, che non fosse di ringraziamento. Nella vita in comune, egli era un agnello che si prosternava alla volontà del primo o dell'ultimo galeotto. Durante la sua residenza, non ebbe mai un rapporto, mai un accento che rivelasse l'eroe di tanti delitti.
      In galera, ho conosciuto gente che sente la fratellanza come non la si sente all'aria libera. Ho conosciuto forzati che si sono levati il pane di bocca per darlo a chi aveva più fame di loro. So di un tale che si è tolto il panciotto, che si era pagato coi suoi denari - perchè il panciotto è una concessione del direttore o del medico - per regalarlo a un poveraccio senza fondo di massa, oppresso dalla tosse a scatti che non perdona.


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Dal Cellulare al Finalborgo
di Paolo Valera
Tipografia degli Operai Milano
1899 pagine 316

   





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