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      Per evitare il disastro di una gita galeottesca avevo fatto di tutto. Avevo detto al direttore che soffrivo e che non ero in grado di rimettermi in un vagone cellulare. Ma non ci fu verso. Il medico, dopo avermi palpeggiato, come se fossi stato di straccio, mi trovò sanissimo.
      Il mio compagno di viaggio era uno della "rivoluzione". Egli era stato côlto in piazza di Luino durante i tumulti e condannato dal tribunale militare a sei anni di reclusione.
      - Vi rincresce?
      - Sì, perchè sono innocente e perchè ero l'aiuto dei miei genitori.
      Facemmo la strada a piedi. I veicoli ci empivano gli occhi e la bocca di polverone bianco e la gente voltava via la faccia inorridita. Un nugolo di studentesse sull'omnibus a giardiniera ci fece venire le vampe della vergogna alla faccia.
      - Come sono brutti!
      E non avevano torto. Il più bel giovine d'Italia, che esca da un reclusorio, spaventa. In pochi mesi il reclusorio te lo rende irriconoscibile.
      Eravamo giunti tre quarti d'ora prima del treno. Ne ero contentissimo. Era dell'aria fresca guadagnata. I carabinieri, invece di chiuderci nella stanza di sicurezza, ci lasciarono sul margine del binario della stazione. Grazie! Ebbi tempo di fumare tre sigarette. In questo frattempo, vennero alla mia volta alcuni signori a domandarmi se ero il tale.
      - Sissignori, risposi a colui che mi aveva interrogato.
      I signori si tolsero il cappello e si curvarono leggermente.
      - Scusino, dissi loro, commosso; ma io non li conosco.
      - Non importa. Noi sappiamo chi è lei.
      Rimasero lungo il binario fino alla partenza del treno, salutandomi con un'altra scappellata.


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Dal Cellulare al Finalborgo
di Paolo Valera
Tipografia degli Operai Milano
1899 pagine 316

   





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