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      La discussione si animava bevendo qualche bicchiere di vino buono delle bottiglie che mandavano gli amici, mangiando dei dolci che inviavano la mamma di Turati, o la signora di Federici o di Romussi - e fumando le sigarette che trovavano un po' dappertutto. Qualche volta capitavano loro, durante la giornata, dei cestelli di frutta fresca, dei panettoni che obbligavano De Andreis a mettere sul tavolo la bottiglia di barolo che Turati dimenticava nell'angolo.
      Il deputato di Milano non voleva mai bere. Egli diceva che gli astemi vivono pił a lungo e sani come corni. Ma si insisteva e lui beveva, versandoselo in gola come una medicina che gli faceva stralunare gli occhi.
      Il discorso eterno era la Cassazione che li teneva sugli aghi. Ma facciano presto!
      Mandateci in galera, dicevano, ma fate presto in nome di Dio!
      Nessuno si lasciava cullare dalla speranza che magistrati dell'alto tribunale avrebbero accolto il ricorso. Tuttavia, quando andava Majno a trovare qualcuno di loro, rinasceva la discussione con un po' di fede.
      - Me l'ha detto lui adesso! Egli si crede, legalmente, in una botte di ferro.
      - Volete che Majno non sappia quello che dice?
      De Andreis faceva il suo solito risolino e voltava le pagine del libro che aveva fra le mani. Per lui, erano chiacchiere inutili. E si metteva a sviluppare il suo programma di condannato a dodici anni con una indifferenza che faceva scappare la pazienza a Turati, il quale non voleva assolutamente diventare un eroe della casa di pena.
      Dodici anni sono lunghi, eterni, sono la vita di un uomo!


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Dal Cellulare al Finalborgo
di Paolo Valera
Tipografia degli Operai Milano
1899 pagine 316

   





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