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      Il bastimento, che aveva tentato di mantenersi in equilibrio con le àncore, pareva avesse rotto gli ormeggi e fosse in balìa di una corrente che volesse scavargli l'abisso.
     
     
      [vedi figura 12.gif: ... non vedevamo che le onde del mare che venivano a frangersi sui vetri dei buchi rotondi.]
     
     
      - Abbia pietà di noi, signor brigadiere,
      - Pezzi d'asini! Tacete o vi farò incatenare i piedi agli anelloni del pavimento! Siamo qui anche noi e per colpa vostra e non diciamo niente. Se andrete in fondo non sarà un gran male. Io ho degli ordini e non posso violarli. Fate dunque silenzio e non rompeteci più le scatole. Siamo intesi.
      Rimanemmo intontiti. Non credevamo che ci potesse essere un uomo capace di dirci, in un momento simile, che se anche fossimo annegati non sarebbe stato un gran male. Nel cervello di molti di noi è passato il delitto. Se qualcuno di noi fosse stato libero, il brigadiere non avrebbe potuto finire la frase. Egli sarebbe stato piegato in due e cacciato in mare da uno dei portelli del naviglio.
      Dopo, al bagno, seppi ch'egli non avrebbe potuto fare altrimenti. Era la legge che ingiungeva al carabiniere di lasciarci annegare ammanettati in una prigione durante il naufragio della nave(9).
      Siamo stati in mare tre giorni e tre notti. Tre giorni e tre notti di stiva, in mezzo ai guazzi e alle pozzacce delle porcherie vomitate, senza lavarci, senza svestirci, senza cavarci le scarpe, con un mastellone per i bisogni corporali vicino a noi, in mezzo a noi, come se fosse stato della catena, mangiando di tanto in tanto un boccone di pane insudiciato e stantio e bevendo nella secchia come il cane che vi tuffa il muso e ne lambisce il liquido con la lingua!


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Dal Cellulare al Finalborgo
di Paolo Valera
Tipografia degli Operai Milano
1899 pagine 316