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      [vedi figura 13.gif: Basta, basta, Signore Iddio!]
     
      Il passo rapido dei primi veniva sentito dagli ultimi e le punte delle scarpe di una fila andavano sul dorso delle scarpe di un'altra.
      Da questo bagno al Castellaccio c'erano, su per gių, tre chilometri. Era una strada malagevole che si ascendeva sudando come bestie, sotto un sole di giugno che scottava fin negli occhi. Perdevamo la lingua come i cani. I carabinieri che ci circondavano erano quaranta, tutti a cavallo, armati fino ai denti. Fumavano e si buttavano da una parte all'altra le birichinate della sera prima con le donne, senza punto badare al nostro supplizio. L'assieme era lagrimevole. Ci sarebbe voluto un fotografo. Perchč la penna, per quanto sia addestrata alle descrizioni minute e sia padrona di un'officina di vocaboli, non riesce mai a impadronirsi di tutto e a conservare, cogli atteggiamenti individuali, i colori del quadro grandioso.
      Al Castellaccio ci matricolarono, separando i buoni dai cattivi. Le coppie che avevano subėte punizioni, venivano mandate nelle stanze a pian terreno, mentre le altre venivano disperse per i piani superiori. Il bagno era composto di stanze di sedici persone, con otto pagliericci da una parte e otto pagliericci dall'altra. Cosė che non vi so ancora dire la differenza tra le stanze di sotto e quelle di sopra.
      La prima cosa spiacevole del Castellaccio, fu la distribuzione degli utensili di cucina. Invece della gamella, mi si diede una cosa di legno rotonda, coperta di due dita di muffa, e un pezzaccio di cucchiaio che pareva stato in una cantina umida per degli anni.


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Dal Cellulare al Finalborgo
di Paolo Valera
Tipografia degli Operai Milano
1899 pagine 316

   





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