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      Me li lavai e me li rilavai senza mai far loro perdere l'odore nauseoso contratto in un ambiente dalle pareti viscide. Un mio compaesano che si trovava nella stanza, prese a proteggermi e a consolarmi. Si chiamava Francesco Gentile, stato condannato a vita dal tribunale di guerra, come brigante che non aveva voluto sottomettersi al governo di Vittorio Emanuele. Egli aveva fatto parte della banda dello Schiavone, il capo brigante che avrete sentito nominare. Il Gentile era vecchio, ma di cuore. I suoi primi consigli sono stati la mia guida.
      - Rispetta tutti e specialmente i tuoi superiori. Procura di farti amare dal tuo compagno di branca, anche se fosse il peggiore degli assassini. Perchè senza vincerlo con la tua benevolenza, la vita ti diventerebbe odiosa e intollerabile. Fatti animo e non lasciarti mai adescare a far delle confidenze al personale di custodia, se ti preme di morire nel tuo letto.
      Mi prese a volere così bene che il giorno dopo il mio arrivo mi regalò un piatto di zinco, una striscia di pelle ovattata per mettermi sotto la maniglia che mi spellava e mi piagava la noce del piede, e un panciotto di flanella bianca per salvarmi il petto dai clima traditore. Il gilet era un sacrificio superiore ai bisogni del galeotto. Ma il buon vecchio mi pregò di non darmene pensiero, perchè lui, in sartoria, con gli stratagli, avrebbe saputo farsene un altro.
      Nella prigione di Benevento avevo imparato a consumare il tempo con dei lavori di carta. In pochi mesi ero riuscito a mettere assieme una gabbiuccia che regalai a un secondino.


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Dal Cellulare al Finalborgo
di Paolo Valera
Tipografia degli Operai Milano
1899 pagine 316

   





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