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      Se sono bene informato, egli è al Secolo da ventinove o trent'anni. Vi è entrato in un modo curioso. Moneta era alla ricerea di un redattore che avesse delle qualità giornalistiche e una coltura che andasse al di là di quella dei soliti giornalisti improvvisati. Un giorno trovò per la strada Leopoldo Marenco, il romantico del palcoscenico d'allora.
      - Senta, professore, non saprebbe mica aiutarmi a scovare un giovane che abbia imparato qualche cosa e facilità di scrivere?
      Il professore di letteratura si passò la mano sulla fronte.
      - Eh, proprio, è difficile. Ne ho conosciuto uno, quello sì... Era un diavolo che sapeva scrivere drammi, novelle, brani di storia, biografie... La sua penna andava come il vento.
      - Se è morto non parliamone.
      - È vivo. Ma non so dove sia andato a finire. Aspetti, deve essere a Pavia. Credo che studii legge. Certamente non vorrà smettere per fare il giornalista.
      In allora, per spiegare la frase dell'autore della Celeste, non erano che gli scapigliati che si compiacessero di prendere delle sbornie coll'inchiostro di redazione. Erano giovani pieni di coraggio e anche d'ingegno o degli studiosi che volevano farsi largo, ma irregolari nella vita e nel lavoro. Nessun direttore poteva contare sul loro articolo pel numero di domani. Gli editori pagavano poco o niente e i giornalisti di professione, come è naturale, non esistevano. Non esisteva che la bohême chiassosa, buontempona, nottivaga, capace di annunciare in prima colonna e in corpo dieci che i redattori avevano orgiato e non potevano quindi scrivere l'articolo di fondo o l'appendice drammatica!


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Dal Cellulare al Finalborgo
di Paolo Valera
Tipografia degli Operai Milano
1899 pagine 316

   





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