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      Un anno dopo, Moneta rivide il padre del Falconiere e lo ripregò di procurargli un giovanotto che avesse la stoffa del giornalista.
      - Fra i miei scolari passati e presenti non ne conosco uno. Non potrei suggerirle che quello dell'anno scorso scorso. Quello là ha tutte le attitudini per uno scrittore di giornale. Ha una penna pronta, sollecita, che si piega a tutte le movenze di uno stile facile. Ha letto molto. È una biblioteca ambulante.
      - Me lo mandi, dunque!
      - Vedrò di cercarne l'indirizzo.
      Un giorno, in cui il pensiero di Moneta era lontano le mille miglia dal redattore che gli doveva mandare il Marenco, si sentì annunciare il dottor Carlo Romussi.
      - Passi.
      Fiscamente non gli fece una grande impressione. Non gli si era presentato che un omino il quale non lasciava supporre in sè tanta resistenza al lavoro. In due parole s'intesero. Il Romussi faceva pratica d'avvocato ed accettava volentieri di passare a teatro le serate come critico d'arte. Moneta voleva qualcosa di più di un critico d'arte, ma per il momento si accontentava.
      È inutile ch'io dica dei suoi ideali drammatici. Tutti sanno che il Romussi in arte e in letteratura non è stato figlio del suo tempo. Egli è entrato nel giornalismo come un vecchio che sente e difende le glorie virtuose del passato. Assoluto come tutti quelli che credono di avere il monopolio della verità, ha sempre dato addosso o ignorato la gioventù che ha portato sul palcoscenico e nel romanzo o sulla tela o nel marmo la vita con le sue grandezze e coi suoi orrori.


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Dal Cellulare al Finalborgo
di Paolo Valera
Tipografia degli Operai Milano
1899 pagine 316

   





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