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      STORIA DI DOMANI
     
      Rispetto alle nazioni già evolute nel campo dell'industrialismo e della civiltà, l'Italia appare immatura di cinquant'anni. Economicamente, moralmente, politicamente noi traversiamo ora, con poche e non essenziali differenze, le stesse vicende, persecuzioni, incertezze e dolori, che la Francia, la Germania, il Belgio, l'Inghilterra hanno superate da ben mezzo secolo. Di più moderno, di similare ed anche di superiore a ciò che oggi avviene in quelle nazioni, noi non abbiamo che la corruttela profonda e precoce delle alte classi parassite.
      La Francia ha per tutte le sue vene un sangue vigoroso, che elimina prontamente anche le peggiori infezioni: e s'è visto col Panama. L'Inghilterra ha una borghesia potente, ma intelligente e rispettabile, che rifugge dalle violenze e consente con presaga saggezza al moto popolare; il quale perciò non irrompe, ma procede per gradi e prepara senza scoppi e quasi senza urti nuove forme sociali che, involte nella crisalide, tostochè eromperanno inattese alla luce faranno la meraviglia dell'Europa. La borghesia tedesca combatte fieramente i suoi nemici capitali: la Junkerschaft campagnuola, che or sì or no e sempre meno fida si stringe attorno all'aquila imperiale, e le schiere socialiste sempre più coscienti e più fitte; ma li combatte lealmente, senza ipocrisie, e, per accorciare il passo al socialismo trionfante, prende da esso quanto più può, che si concilii anche per poco col suo interesse e col suo privilegio, e ne fa del socialismo di Stato, non di pompa ma di sostanza, dal quale il socialismo democratico trae qualche succo: il recente Congresso degli infortunii in Milano ci ha mostrato i campioni di questa borghesia tedesca illuminata, preveggente e tutta d'un pezzo, che sa quel che vuole e dove arriva; spettacolo nobile e grandioso in paragone al cinismo gallico degli Yves Guyot e all'inconsistente eclettismo degli italiani, rappresentato a meraviglia dalla frondosa vuotaggine di Luigi Luzzatti.


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L'insurrezione chartista in Inghilterra
di Paolo Valera
Uffici della Critica Sociale Milano
1895, pagine 125

   





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