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      Fu un'ora solenne. Tutto il mondo operaio era colla mano sul cuore. Tutte le speranze erano al Ministero in Parliament street. E quando si seppe che lord Melbourne - colui che pochi anni dopo si pavoneggiava presentando Roberto Owen, col volume del Nuovo mondo morale in mano, alla regina Vittoria - non volle ricevere nè l'uomo che aveva spiegato dalla tribuna dei rappresentanti di Washington la teoria della rigenerazione sociale, nè la deputazione, il dolore e l'ira traboccarono insieme. Col front indietro salì per l'aria l'ululu! lungo che sentiva dell'ambascia e dell'indignazione della massa battuta.
      La stampa era veduta di mal occhio. I giornalisti erano come dei libellisti. Nel 1808, per dirvene una, i capoccia degli avvocati di Lincoln Inn votarono un articolo che escludeva dal foro "tutte le persone che avevano scritto nei giornali quotidiani". Vent'anni dopo ammutinarono perchè il lord cancelliere aveva invitato al banchetto il proprietario del Times. Southey, l'ex salariato del Morning Post, proponeva a lord Liverpool di "curvare la stampa deportando i giornalisti". Immaginatevi poi che cosa dovevano essere i giornali e i giornalisti della gente che voleva conquistare i diritti politici e migliorare la propria condizione!
      Sui giornali pesava ancora il bollo di 4 pence (40 centesimi). Gli operai si può dire che riuscivano a sapere certe notizie come ai tempi di Samuele Johnson - il pioniere dei reporters parlamentari. Cioè quando giungeva un amico o una lettera. Tratto tratto usciva qualche mostriciattolo di giornale che il fisco ammazzava.


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L'insurrezione chartista in Inghilterra
di Paolo Valera
Uffici della Critica Sociale Milano
1895 pagine 125

   





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