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      Tanto più che il Liberatore - colui che gli inglesi chiamavano il "re dei mendicanti" - si era segretamente impegnato a sostenere il Ministero a patto che desso scegliesse un vicerè e un procuratore generale - s'intende per l'Irlanda - di "suo gradimento". Lord John Russell, nel discorso di presentazione, disse che "il popolo domanda la Riforma ad alta voce e che tutto ciò che esisteva di buono in questa Camera è completamente sparito". Come ogni buon inglese, rammentò che, secondo la costituzione, nessuno deve pagare tasse se non ha parte nella rappresentanza. Se la questione è di diritto, aggiunse, il diritto è in favore della Riforma.
      Sciolta la Camera pel bill che "faceva largo, secondo sir J. Russell, all'influenza popolare", il lord mayor permise che la City venisse illuminata. Il mayor, naturalmente, era Tory. I riformatori fanatici ruppero i vetri delle finestre di Wellington, di Baring e di altri fanatici antiriformatori e il paese, malgrado i rotten boroughs, mandò alla Camera una maggioranza, pel bill, di 136 deputati. L'entusiasmo fu tale che, su 82 eletti nelle contee, soli quattro erano contrari alla Riforma.
      Dopo cinque notti di discussione bestiale, i lordi, come vi ho detto, eccitarono le masse fino al parossismo, respingendo "il bill che riassumeva la volontà della nazione" All'indomani del "grande delitto", incominciò una specie di lutto nazionale. Sulle campane si gettò la gramaglia, le botteghe delle città si chiusero - molti giornali, specialmente delle province, uscirono listati e dovunque la gente rimase come sbalordita o paralizzata.


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L'insurrezione chartista in Inghilterra
di Paolo Valera
Uffici della Critica Sociale Milano
1895 pagine 125

   





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