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      Sfido tutta la stampa londinese a venire qui, sulla stessa piattaforma, a provarmi che sono un tizzone tra la folla e che eccito alla guerra civile.
      E diceva la verità. Feargus O' Connor non fece mai parte e non seppe mai dei "meetings segreti che preparavano l'insurrezione". Via, non era in lui alcun materiale di sedizione. Se gli si sopprime la virulenza, non era che un filantropo e un riformatore delle classi medie del nostro tempo.
      La popolarità era la poesia della sua vita. Godeva di vedere alto pel cielo i palloni frenati, che ballonzolavano a poca distanza dai comizi, col suo nome e cognome a caratteri elefanteschi. Il suo ticchio era di torreggiare, di sovraneggiare e di non avere rivali intorno al suo trono. La giacca di fustagno che indossava parlando alle moltitudini diventava, per lui, una vanteria, un orgoglio. Incominciava spesso i discorsi così: Giacche di fustagno! "Cominciai - disse un giorno - questa battaglia in giacca di fustagno e coll'aiuto di Dio spero, così, di combattere sino alla fine."
      Il suo cavallo di battaglia sulla piattaforma era il suffragio universale. Non credeva negli agitatori per l'abolizione delle leggi sui cereali, perchè la riforma doveva essere seguita e preceduta da altre indispensabili.
      L'abolizione del maggiorasco, per esempio, che sbocconcellerebbe queste immense possessioni di terreni coltivati e incolti, avrebbe dovuto, piuttosto, precederla.
      La sua rivoluzione agraria si limitava al contadino proprietario. Aveva la mania delle cifre grosse, quadruplicava il numero delle persone che intervenivano alle riunioni e che partecipavano alle dimostrazioni, minacciava il governo di processioni di mezzo milione o di riunioni di cento, duecento, trecento mila persone, e duplicava la tiratura del suo Northern Star - la tigre dei giornali chartisti.


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L'insurrezione chartista in Inghilterra
di Paolo Valera
Uffici della Critica Sociale Milano
1895 pagine 125

   





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