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      Continuerō a mantenere alto il salario con tutte le mie forze. Per avere preso questa parte in Stockport e per essere stato colui che impedė non poche diminuzioni, i padroni mi boycottarono e non diedero pių lavoro nč a me, nč ai miei figli. Non una giornata di lavoro nč per loro, nč per me! Nel 40 le fabbriche di Stockport si chiudevano e mettevano sul lastrico gli operai. Il motto dei padroni era: o la riduzione o la fame. Io fui l'anima della resistenza. Rimanemmo in isciopero otto settimane. Noi eravamo in piedi dalle cinque antimeridiane alle sei pomeridiane. Oltre sei mila telai erano silenziosi. Facemmo molte processioni. Andammo a Ashton, a Hyde, a Dukintield. La dimostrazione di Manchester fu grandiosa. Ci facemmo vivi dovunque si lavora nel Lancashire. E nessuno ci disse mai che facevamo del male. Dall'Act del Parlamento votato nel 1825, quando vennero abolite le leggi contro le associazioni, noi avevamo diritto alla manifestazione pubblica. Credevo che, come inglese e come operaio, in conseguenza di questo atto parlamentare, avessi diritto di fare del mio meglio per sostenere il settimanale.
      Quaranta padroni nel 1840 si riunirono e cospirarono - se č cospirazione per gli operai, deve esserla anche pei padroni - di ridurci il tanto all'auna di un penny (10 centesimi). Č una piccola riduzione che ci sopprimeva in un anno il salario di cinque settimane. Era una sottrazione di 3,10 alla settimana. Era un furto. Io dissi che sarebbe stata una rovina anche pei padroni manifatturieri.


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L'insurrezione chartista in Inghilterra
di Paolo Valera
Uffici della Critica Sociale Milano
1895 pagine 125

   





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