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      Stamane, mentre mi comperavo una tuba dal Bennett, il cappellaio dell'aristocrazia in Piccadilly, ho veduto il grande uomo a cavallo seguito dal suo groom. Lì per lì non germoglia neppure il pensiero di dargliene 79. Sta in arcione come un giovanotto. È alto cinque piedi e dieci pollici. Ha le braccia lunghe ed il corpo pronunciatissimo, come di chi è famigliare colla sciabola, le spalle larghe, d'uomo forte, gli occhi grigi e luminosi. I cittadini si levano il copricapo, taluni vi aggiungono un inchino e molti lo segnano a dito agli amici. È il duca di Wellington, decus et tutamen patriae.
      È il comandante in capo dell'armata. È lui che sta studiando il modo di rompere le ossa ai chartisti. È già stato annunciato che egli sarà alla testa dei "suoi" dragoni.
      La canizie gli imbianca le tempie striate dagli anni. La faccia ti documenta la sua fama di duca di ferro. È un assieme di rigidezza. È oblunga, ha il naso aquilino, le ciglia sviluppate e fitte, le guance un po' sgrassate dal tempo, la bocca di sfinge.
      Saluta col cilindro o con un semplice cenno del capo. Indossa il solito frock-coat a doppio petto, il solito gilet bianco a tre bottoni e i soliti calzoni neri di panno militare, colla striscia nerissima lungo le cuciture.
      I giornali sono furiosi. Il chartismo è la loro bestia nera. Il quotidiano è del lusso anche pel bottegaio: costa da 5 a 6 pence. Non c'è che il Daily News che abbia ridotto da poche settimane il prezzo a 3 pence. Ma ho già letto nel Sun della sera che ritornerà agli antichi amori dei 5.


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L'insurrezione chartista in Inghilterra
di Paolo Valera
Uffici della Critica Sociale Milano
1895 pagine 125

   





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