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      Alla stessa stampa quotidiana, settimanale e mensile, non fu permesso di sbarazzarsi - come vedremo - della enorme tassa sulla carta che l'opprimeva e l'uccideva, se non quando editori e direttori e scrittori violentarono la legge e scontarono, col martirio del carcere e del cataletto, il loro immenso amore alla libertą della penna - una rivoluzione che mi strappa il cappello e mi inginocchia intenerito e mi rinverdisce la speranza che anche il nostro inchiostro, accidenti!, farą cadere, senza altro, le mura delle cittą del privilegio e del furto legale e piantare, sulle macerie della catastrofe, la fiaccola dell'umanitą associata.
      Ma mettiamoci in cammino e andiamo a vedere questi cagnotti sguinzagliati dalle fila dei poltroni di mestiere per accoppare i lavoratori in piazza ad esigere il diritto di parola pubblica.
      Passo il ponte e mi fermo sulla piazza di Westminster, dove il protettore fece innalzare il patibolo e mozzare il capo al duca di Hamilton, a lord Holland e a lord Capell - tre miserabili nemici della repubblica - e mi meraviglio di non vedere su, dal recinto, la statua di questa grande figura del diciassettesimo secolo che sta alta, tra gli uomini di stato che la precedettero, come la colonna Nelson tra i paracarri. Puritano fino al delirio, fino ai macelli di Drogheda, ma primo tra gli audaci, tra i repubblicani, tra i cittadini del suo tempo.
      Onore a te, Manchester! Cittą dei lordi del cotone, se si vuole, ma cittą che diede una piazza al giustiziere della monarchia feudale: a Cromwell!


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I miei dieci anni all'estero
di Paolo Valera
pagine 147

   





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