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      I dimostranti di tutti i tempi e di tutte le nazioni commisero e commettono la balordaggine di gridare: evviva l'esercito! credendolo capace di fraternizzare colle moltitudini che domandano giustizia. È un errore o un delitto. Una volta in piazza, contro il popolo, devono essere considerati dei nemici in guerra. Addosso!
      Vedete, se vi basta un esempio, la grande dimostrazione londinese del 2 dicembre 1816, contro il principe reggente, sui campi di Spa - un grande spazio tra le prigioni di Fields e il New River Waterworks. I disoccupati e gli affamati d'allora ebbero l'ingenuità preadamitica di ricamare sulle loro bandiere che "i soldati sono nostri amici". Davvero! Invece di fraternizzare con loro sguinzagliarono i cavalli, irruppero sulla folla e menarono piattonate da orbi.
      Sbracati di tutti i paesi: sostituite, agli applausi, il randello anche per loro.
      La loro uniforme scarlatta - riparliamo delle guardie reali - corazzata di metallo, cogli elmetti scintillanti, illuminano la piazza e proiettano delle chiazze sanguigne sul mare turbolento.
      È alla loro testa un magistrato col ventre che si prolunga sulla criniera del cavallo, in atto di leggere il riot act, una specie di drastico o di legge marziale che ordina agli ammutinati o agli insorgenti di sciogliersi e di ritornare alle proprie case o alle proprie occupazioni. Dio salvi la regina".
      Ore 4.30. - Escono i granatieri dalla caserma di San Giacomo, a baionetta in canna, e vanno a fare da contrafforte ai policemen della balaustrata al nord.


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I miei dieci anni all'estero
di Paolo Valera
pagine 147

   





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