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      Così che vedete costantemente alle vetrine dei lattai, dei fornai, dei macellai e ai pilastri delle sezioni di polizia gli avvisi che promettono mance generose a chi porterà i cani smarriti. Lo adocchiano, lo pedinano e allo svolto se lo portano via. Specialmente se è un maltese o un barbino o uno di quei bassotti cresciuti tra le cosce delle ladies. Come è un job per loro una calamità pubblica, una sventura nazionale o una tragedia cittadina. Aumentano il prezzo del giornale. Quello di venti centesimi lo vendono a cinquanta o anche a uno scellino. Concorrenza. Libertà di commercio per tutti. Il policeman vi fa una smorfia se vi lamentate di questa truffa apparente. Non lo volete? Lasciatelo. Nessuno vi obbliga a comperarlo. Un giorno che avevo bisogno di sapere le ultime vittime del donnicida dell'East-End me lo sono messo in tasca per due lire e cinquanta centesimi.
      Durante le morte stagioni - perché subiscono anche loro di questi periodi infami come i sarti - vale a dire nelle giornate di noia giornalistica, quando il quotidiano non porta in piazza un corpo chiazzato di sangue o un po' di Westminster raccattato in aria o una carneficina coloniale o una tragedia agraria, la sbracheria va a snidare dagli spacci dei giornali illustrati il fondaccio dei numeri invenduti o spaiati. Li compera in blocco o a peso e mette sossopra i quartieri poveri dove sono ancora possibili le illustrazioni rancide e gli avvenimenti secchi.
      Novantanove su cento sono tatuati. Il tatuaggio, tra loro, è una manìa come pei marinari o pei facchini dei porti del Regno Unito.


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I miei dieci anni all'estero
di Paolo Valera
pagine 147

   





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