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      Proto risparmiami il d maiuscolo. Così, va bene.
      Crollasse il parlamento col ponte di Westminster o scoppiasse una guerra civile o Giacomo lo squartatore riuscisse a squartare tutte le donne di Whitechapel, i quotidiani non si darebbero il lusso di un supplemento. Il giorno del signore è sacro ed inviolabile così sia.
      Ce n'è uno ed è un ateo. È un foreigner. È il New York Herald, un americano a Londra da sei mesi che tenta invano di acclimatizzarsi. Non appena violò la tradizione giornalistica lo si seppellì nel bagordo delle contumelie e si giurò sul vangelo di boicottarlo e di non leggerlo.
      Guai a non radersi la barba tutti i giorni. Vi si piglia per della gente bassa (low peoples) o della gentaglia senza quattrini.
      Tuttavia, malgrado questa abitudine callosa, in domenica, se volete sbarazzarvi dei peli, dovete radervi da solo o andare da un tedesco o da un francese o da un italiano. I parrucchieri inglesi sono in campagna, a spasso, sul Tamigi, in gozzoviglia!
      Col punto di ammirazione satanica sembro un reazionario. Invece sono logico. Io voglio che l'operaio riposi tre giorni su sei. Ma che questi tre giorni non siano il riposo universale come il festivo d'oggi. Ma rappresentino l'adattamento dei mestieri nelle abitudini sociali. Mi sono spiegato? Se no mi spiego. Vi pare giusto che il calzolaio, il fabbro, il cappellaio, il legatore di libri, il meccanico, il muratore - operai non violentati dalla esigenza quotidiana - riposino, dico, coi fornai, coi camerieri, coi cuochi, colle serve, con i barbitonsori, coi prestatori di servigi insomma assolutamente necessari dal lunedì alla domenica?


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I miei dieci anni all'estero
di Paolo Valera
pagine 147

   





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