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      Io rifiuterei anche in un paese socialista di sottomettermi al pesante giogo della noia inglese. Perché infine la soluzione sociale non deve essere composta di sacrifici. I sacrifici, come si sa, riassumono l'aberrazione individuale.
      Che sugo, dite, c'è a obbligarmi a strigare i capelli, a mangiare il pane raffermo o stantio, a bere latte munto ieri, a negarmi la rappresentazione drammatica o tragica o musicale, a mangiare dalla una alle tre, se ho fame alle otto del mattino o alle 4 del dopopranzo o a mandarmi a dormire alle undici, se proprio alle undici ho appetito, sete, voglia di tuffarmi nei piaceri, di inzupparmi magari di whisky? Che sugo c'è, dite, a trattenermi le lettere, a sopprimermi i giornali, a impedirmi di sbocconcellare il pane fresco in domenica se dividendoci le ore di riposo per gruppi di mestiere a tempo utile possiamo trovarci tutti bene?
      Il giornale settimanale di Reynolds...
      Chi è, chi era? Nel 1847 Reynolds - il fondatore - era uno zero del mondo giornalistico o non era conosciuto che dai lettori del Dispatch - un settimanale liberale che ha 90 anni e quattrocento mila lettori - dove egli sfogava i suoi rancori cartisti contro Luigi Filippo. Il qual Luigi Filippo, tra parentesi, era redattore del Globe! I tumulti del 48, in Trafalgar square, lo appesero allo zenit del cielo politico come una grande speranza.
      Il cry - grido - dei cartisti d'allora era l'abolizione (repeal) della tassa sull'entrata o la dimissione immediata dei ministri.
      La folla convenuta in piazza di Trafalgar era così enorme che la polizia fu impotente a risospingerla o a romperla in fuga.


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I miei dieci anni all'estero
di Paolo Valera
pagine 147

   





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