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      Discendo e entro al Ferro di Cavallo. Ressa, tumulto, rivoluzione.
      Il Ferro di Cavallo è il luogo dove faccio tappa per l'ultimo bicchiere. È una stazione di puttane e di puttanacce. Le prime vanno al bar a sinistra dove le donne non possono bere che sedute. Le seconde filano in fondo, voltano a destra e entrano nell'altra metà del ferro di cavallo, dove impera la babilonia. Cioè dove possono saziarsi sedute o in piedi o anche sdraiate.
      Fra questi due fuochi di carne vendereccia è la sala della griglia dove si mangiano dei filetti di bove da risuscitare i morti.
      Presto, delle patate, una bistecca e una pinta di birra.
      Martellati dall'orario si mangia colla velocità della pantera e non si sente che lo scroscio della masticazione. Scricchiolando sulle ossa, bevendo a occhi chiusi.
      Esco, usciamo incalzati dalla "chiusura, signori!"
      Uno scozzese mi rammenta e mi intirizzisce. L'orario della Scozia è ancora più scellerato. Gli spacci di birra e di liquori e vivande s'aprono dalle dodici alle dodici e mezzo pom. Mezz'ora! Dalle due alle due e mezzo! Altra mezz'ora! E dalle cinque e mezzo alle dieci e mezzo. Un forastiero che alloggia nella stanza mobilitata, se vuol mangiare in qualche trattoria nelle ore proibite, deve dichiarare di avere "dormito a due miglia e mezzo dalla casa in cui sta per mangiare!...".
      Ebbene c'è paese in cui ci si ubriaca con più gusto che in Scozia? Andate dove volete. A Edimburgo o a Glasgow o a Aberdeen o semplicemente a Paisley o a Greenoch.
      Al sabato non parliamone.


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I miei dieci anni all'estero
di Paolo Valera
pagine 147

   





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