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      Sono i mosconi, sono le vespe, sono le zanzare, sono le cavallette della Babilonia imperiale.
      Dovunque è una sentinella della miseria che ti strazia la digestione, che ti rimprovera le gozzoviglia di ieri sera, che ti fa chiudere gli occhi dinanzi le bacheche illuminate dalle faville dei gioielli, che ti fa sentire il peso del paletot che ti protegge dal rovaio, che ti fa arrossire di saperti i piedi accarezzati, dalla pelle di vitello mentre c'è tanta gente a piedi nudi.
      - Un penny (dieci centesimi), di grazia, a questo poveraccio che non ha mangiato.
      Sono mutilati, ciechi, storpi, scheletriti, sdentati, sono facce orribili, sconci umani, sono carriuolate di carnaccia in putrefazione, sono mucchiate di stracci pieni di pidocchi che si difendono dalla workhouse (ricovero di mendicità coi lavori forzati) con due stringhe, con una mezza dozzina di bottoni di camicia, con una scopa capovolta sul crocevia, con due scatole di zolfanelli, con un flauto infame, con una fisarmonica sventrata, con un'ocarina diabolica, con un violino che zuffola, con un arnese da fiato che ti impazzisce, con una nenia o dei versacci impossibili anche in una borgata di due mila anime.
      - O signore, aiutate questa povera donna. Dieci centesimi la scatola.
      Nei larghi delle vie è la tragedia domestica, è la vergogna nazionale, è il gruppo sociale che va via lemme lemme, tra il fasto e il clamore, a ricordare che si muore di fame.
      Vedetene uno.
      La madre è un insulto al sesso, è uno sberleffo femminile, è una bruttura del consorzio umano.


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I miei dieci anni all'estero
di Paolo Valera
pagine 147

   





Babilonia