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      Amici, date un penny al pentito.
      I ciechi musicanti che ciabattano per la capitale sono ancora più implacabili dei ciechi dal bastone ferrato. Ti si piantano per delle ore in faccia a un negozio o in mezzo al passaggio o allo svolto di una strada a schiamazzare in una tromba vecchia, a piangere in un clarinetto sboccato, a singhiozzare in uno strumento di latta, a spaventarti con dei tromboni, con dei piatti, con una chitarra atroce, con un piffero che ti masturba i pensieri, con un campanello che strepita come una maledizione.
      - Dirlin, dirlan, dirlin, dirlan, dirlan, dirlin, dirlan dirlin...
      Chi ha della bambagia si tura le orecchie e chi ne è senza si salva in un cab o in un omnibus o in un brougham o in fondo a una public house o si precipita, alla prima stazione, nel primo treno che passa.
      Il più celebre di questi scellerati musicanti è il "Rosso" che percorre o lavora il tratto da Cheapside a Piccadilly Circus.
      Egli è guidato da un cane latte sporco, col deretano macchiato di nero che supplisce allo disocchiato girovago. Sa dove posteggiare. Transita i quadrivi e gli sbocchi delle vie abbaiando al trotto. Fila a casa trascinandosi il padrone al galoppo. Insorge quando la gente non gli fa largo e dorme saporitamente le ore in cui questo dannato ci flagella gli ordigni acustici.
      Il "Rosso" è probabilmente il solo del mestiere che sdegni il cartello della réclame.
      - Non sono un ciarlatano io!
      Ha i capelli rossi sdraiati poetescamente sul bavero, indossa eternamente un paletot pulce pasciuta e indemonia soffiando in uno zufolo di latta a quattro buchi.


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I miei dieci anni all'estero
di Paolo Valera
pagine 147

   





Cheapside Piccadilly Circus