Pagina (112/147)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      È la pagina che soprannota di bubboni, di cancri, di ulcere maligne. È una fogna o uno scolatoio delle sudicerie cittadine?
      E gli altri, del resto, che hanno lasciato credere di avermi preceduto nelle anfrattuosità del carnimonio che cosa hanno detto? Castronerie. Ce le hanno compiante. Ebbene? Ce le hanno messe sulla pira e si sono goduti lo spettacolo del supplizio. E dopo? Ce le hanno abbandonate con delle grida bigotte: oh, mondo! E poi? Ci hanno forse migliorato i costumi? Volgetevi da quella parte che vi piace. Dei mercati di sottane. Dei tumulti femminili. Delle frotte di donne. Siamo come in un'immensa caserma di prostitute. Ce ne sono agli svolti, nei circoli, su e giù per i marciapiedi, addosso alle case, lungo le vie, in mezzo alle piazze, in mezzo ai bivi, attraverso i quadrivi. Guardate che lotta! Gli uomini sono aggrediti, perseguitati, inseguiti, provocati, pedinati, agguantati, trascinati.
      Nel 1739 il magistrato di polizia Colquhoun - quando la capitale si riassumeva in un milione di cittadini - ne contava cinquantamila. - Nel 1838, i fisiologi della patatopoli - da Talbot a Ryan - ne registravano, sulla popolazione di due milioni circa, ottantamila. A mettere le cifre sulle cifre dei diversi quartieri londinesi, raccolte dal sifilografo, Acton nel 1857, e a leggere il lungo capitolo nella Londra lavoratrice e Londra povera del Mayhew, del 1862, ci si trova dinanzi a una cifra che pencola, sul totale di tre milioni di abitanti - tra le cento e centoventimila. A spaginare le recensioni della Rivista di Westminster del 1870, si sale ancora vertiginosamente.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

I miei dieci anni all'estero
di Paolo Valera
pagine 147

   





Colquhoun Talbot Ryan Acton Londra Londra Mayhew Rivista Westminster