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      Delle scarpe non ne parlo. Anzi non ne parlerò mai. Perché nelle tre isole si calza maledettamente male. Il calzolaio inglese è il ciabattino delle nostre campagne. Anche quando ti stivala per quaranta scellini, ti mette in pubblico un piede da brentatore. Le sue vetrine sono listate di grida clamorose. "Calza bene se non vuoi calli. Provati a camminare nelle scarpe anatomiche. Non più gotta, non più reumatismi. Stivali Gladstone". E le scarpe anatomiche ti coprono i piedi di vesciche e ti fanno camminare sulle bullette. Oh, i ciabattini!
      Il corame mi faceva dimenticare la loro età. Sono quasi tutte giovani: dai sedici ai quaranta. Il numero delle ultime è esiguo. La pelle crespata, il naso tabaccoso che starnuta, la calvizie bernoccoluta, la bocca sdentata, le mani paralitiche, le gambe reumatizzate appaiono di rado. Perché nella Grande Bretagna, la vecchiaia è secca. O che ce ne facciamo dei carcassi ambulanti? Puah! Puzzano! Spazzateli via. Lo esige l'igiene. Sono noiosi come il moto perpetuo. Sputano sentenza, maledicono i tempi che li circondano e sognano, a ogni ora, il passato. Come ragione sociale poi, non si capiscono. Sono o non sono, se non altro, parassiti? Per mio conto voto pel "periodo fisso" della Britannula di Anthony Trollope. Perché il suo progetto di soppressione è assolutamente più logico di quello di prevenzione. Mill castiga la virilità. Esige il sacrificio dei piaceri fisiologici. La "grande dottrina" di Trollope, invece, monda la società. Abolisce le miserie e l'imbecillità neghittosa dei vecchi.


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I miei dieci anni all'estero
di Paolo Valera
pagine 147

   





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