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      Era troppo. Si esigeva troppo. Per dieci sterline il brothel keeper del mercato principale prometteva di fornire due vergini, con tanto di certificato medico della loro constatata verginità. Simultaneamente si era diffusa la paura. I vecchi coltivatori di vergini dei quartieri ricchi non alitavano. Lasciavano che la bufera si svolgesse senza di loro. Le chiese avevano spalancate le loro entrate. Si erano messe in azione. I bigotti erano in ginocchio a levare preci al Dio della misericordia. Lo Stead, quantunque proprietario di una rivista di rinomanza, non sfuggiva alla critica che lo aveva addentato come un esecrato denigratore dei propri concittadini e del proprio Paese. È venuto il giorno in cui lo si è messo in prigione per un mese o di più. Gli si trascinarono intorno ai piedi le persone bollate dalla sua collera. In fondo egli era un bigotto. Correva dietro ai libidinosi per agguantarli. Imbarcare una signorina su un yacht per una corsa di piacere poteva diventare nel suo calamaio un delitto sociale. Charles Dilke fu un documento della sua violenza. Egli lo aveva massacrato a colpi di penna. Ricco, arciricco, di una intelligenza parlamentare senza pari, è stato buttato nelle fauci della giustizia perché vi rimanesse inghiottito. Vi trovò la tomba. Le sue ricchezze non valsero nulla. Gladstone, capo dello Stato, non gli ha giovato che a farlo scomparire. Nelle immoralità l'accusatore di Franceschiello è stato una bocca chiusa. Si è conservato il leader del puritanismo vivo.


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I miei dieci anni all'estero
di Paolo Valera
pagine 147

   





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