Pagina (46/213)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Egli è rimasto fino agli ultimi giorni del neutralismo un oratore atteso a botte. Una volta era riuscito a sottrarsi con la fuga in fondo alle latrine di piazza del Duomo. Lo hanno raggiunto e gliene hanno date fino a farlo diventare paonazzo. È entrato in S. Fedele come un brigante. Urtato, sbattuto, vituperato. Ansante, con la faccia tutta sottosopra. Con le mani agitate, nervoso fino alla esasperazione. Questa fama di cliente che doveva essere domato a pugni era uscita dalle sentine di Milano. Come agitatore era stato paragonato a John Burns, un riottoso di tutti i riottosi delle officine e dei selciati londinesi.
      Lo trovai una domenica a Parma, oltre torrente. Non lo hanno lasciato finire di mangiare. Doveva essere subito portato a Milano. Lo si desiderava al Cellulare. Così addio discorso. Non so se lo abbiano battuto prima di sostare in carcere. So che è stato caricato nel treno verso sera. Non so perché non c'è mai stato un ministro che abbia fatto punire severamente gli agenti prepotenti che vilipendevano e scarnificavano il detenuto. Vi fu un momento che tra lui e Mussolini era nata un'abbietta calunnia. Non si sapeva dove il Corridoni l'avesse potuta raccattare. O documentare o sottomettersi. Fu affare finito. Non c'era più ragione di revolver. Si sono trovati sulla stessa piattaforma degli interventisti.
      Io lo incontravo prima della guerra sovente nelle vie strette e isolate, con qualche libro francese in mano. A quel tempo leggeva Musset. In prigione il cappellano gli dava tutti i libri che poteva.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Mussolini
di Paolo Valera
pagine 213

   





Duomo S. Fedele Milano John Burns Parma Milano Cellulare Mussolini Corridoni Musset