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      Per il povero Di Vagno non ci fu che il funerale. Folla di devoti grandiosa fino a Conversano, dove fu tumulato.
      Questa carneficina venne consumata sotto la dominazione di Ivanoe Bonomi, il presidente del Consiglio d'allora. Il grande uomo si era fatto rappresentare dal prefetto di Bari, un altro fascista che teneva bordone ai loro delitti. Egli avrebbe dovuto sfollare l'ambiente e proteggere il deputato. Ma anche lui era un odiatore del Di Vagno. Gli agenti governativi erano della sua risma. In un'altra giornata un delegato o un commissario aveva schiaffeggiato e malmenato un altro deputato. In quei giorni in Barletta imperava un certo Mumeo, capo-squadra della malavita locale, un gaglioffo stato in galera più di venti volte per furti, grassazioni, rapine, ferimenti, omicidi e misfatti della peggiore specie.
      Ivanoe Bonomi meritava di essere almeno fischiato. Sapeva che in una notte nella stessa Barletta, si erano radunati i camorristi, i mafiosi, i malandrini, i mazzieri dei dintorni con scariche di fucili e incendi e getti di bombe e non ha fatto niente. Non ha salvato nulla. La Camera del Lavoro è stata preda delle fiamme. Pareva una città irlandese di quest'ultime stragi compiute dalla Grande Bretagna. Una città di 50.000 abitanti abbandonata al saccheggio e al fuoco senza che le autorità bonomiane si siano allarmate o difese! Su per giù lo stesso era avvenuto a Milano. A queste Assise si è svolto un dramma con la stessa assoluzione. Tre delinquenti avevano invaso in una domenica un circolo socialista di Foro Bonaparte.


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Mussolini
di Paolo Valera
pagine 213

   





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