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      Nel 1918, tornato a casa, mi trovai di nuovo in minoranza e in avanguardia, sostenendo accanitamente, solo con Memmoli, Missiroli e il conte Arrivabene, i diritti italiani sulla Dalmazia, mentre tutti i partiti ed i giornali, compresa l'Idea Nazionale, ne allentavano la difesa illudendosi col Patto di Roma.
      Bada bene, Farinacci: quanto ti dico di me stesso, è documentato in libri miei ed altrui, e può venir testimoniato da uomini dei partiti più diversi: da Corradini a Cabrini, a Labriola, a Orario, a Panunzio, a Ciattini, a Memmoli, a Bellonci; tutta gente che per animo e mente ti supera di molto, e che mi stima. Né mi sarei acconciato a dirtelo, se non preferissi la sfacciataggine di scrivere la mia biografia alla commedia di farmela scrivere dagli altri; perché non mi piacciono le pose, i soffietti, e la pubblicità della propria fotografia.
     
     
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      Così vuotandomi per difendermi, acquisto il diritto di esprimere la mia opinione su te e su altri, e persino sul mio partito, al quale ho dato molto di me stesso, e con gioia, ma del quale non mi rassegno a fungere da testa di turco o da sputacchiera. Per esempio, il vituperare come facesti il ministro Carnazza, perché aveva concesso una parte di ferrovie ai privati, era violazione del programma fascista, indisciplina verso il partito e il Governo, e disonestà politica, in quanto tu combattevi per i tuoi interessi elettorali. È disonestà politica quella del ministro convinto da molto tempo che è meglio cedere ai privati le ferrovie, che preferisce tacere per amicizia tua o calcolo politico interno di partito che vi s'impernia: quell'amicizia e quel calcolo costano molti milioni allo Stato.


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Mussolini
di Paolo Valera
pagine 213

   





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