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      Egli spingeva la Francia alla coalizione dei gueux. I pitocchi dovevano servire di strato alla dittatura delle aspirazioni nazionaliste. Fra i collaboratori che gli si associarono con vigore e con entusiasmo fu Leone Daudet. Secondo lui la cosa pubblica nella patria di Jaurès era nelle mani dei più mediocri. Zola pontificava sul letamaio delle sue porcaggini. La Débâcle era il prodotto della sua vigliaccheria naturale. Nessuno aveva ammucchiato tanta immondizia. Come la Débâcle era stata scritta per inzaccherare la patria, così la Terre era un blocco di sterco fetente per appuzzare di più la campagna. Proruppe su Victor Hugo, che gli aveva dato in isposa la figlia, stroncandolo in tutti i sensi: come poeta, romanziere, politico. Non so se dell'uomo che aveva dato alla reggia imperiale un nemico implacabile, abbia lasciato in piedi il grande scrittore che ha intellettualizzato le moltitudini del suo secolo. Ricco di vocaboli di tutti i colori e di tutti i fiammeggiamenti, artefice sovrano del verbo, l'autore della Leggenda di un secolo non fu per Daudet che un confusionario o il bardo del suffragio universale. Le cose vedute sono pagine che nessun Daudet ha mai scritto e che la posterità intelligente continua a cercare. Venuta la conflagrazione dei popoli i due soci si circondarono di nemici. L'Action Française fu per loro una doppietta da banditi. Iniziarono il movimento di penna con gli omicidi civili. La Francia, secondo loro, nata in monarchia, non poteva vivere in repubblica.


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Mussolini
di Paolo Valera
pagine 213

   





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