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      Mentre scrivo muore Caneva, l'impiccatore di piazza del Pane. Ecco che lo si rimette in circolazione. Ci sono quotidiani che in nome del decoro professionale lo porterebbero alla tomba come un eroe. E ci sono giornali che in nome della verità storica farebbero un'esposizione di arabi immolati dalla sua nequizia di omicidiario. Così Bava Beccaris, altro salariato dell'omicidio civile. È morto col petto carico di onori monarchici. Una sfuriata d'inchiostro è la nostra consolazione.
      L'avvenimento di eliminare la violenza dal giornalismo è stato della quindicina di settembre del 1923, all'Associazione Lombarda dei Giornalisti. Si trattava di scegliere dei rappresentanti da mandare a un Congresso nazionale. Vi dominava il concetto dell'amicizia. Alcuni non erano di mio gusto. Perché parecchi di loro, in tempi di convulsioni politiche, avevano denunciato ai malviventi militari i difensori delle masse strafottenti. Essi avevano dato una mano a imbavagliare la stampa rossa. Erano "miei colleghi" in un senso professionale. Non di più. Costoro non potevano avere che idee da servitori. Erano tipi della mia indifferenza. Io non ho taciuto. Ci furono dissensi e accapigliamenti. Ettore Janni ha manifestato i suoi gusti per il giornalismo educato, dignitoso e autorevole. Tutta roba secca, finita. Egli si è forse fatto così in parlamento. Vi ha lasciato tutti i vizi dello scrittore riottoso. Adesso è dotto. Conoscitore della letteratura moderna. Stilista, sovente prezioso. Sa le ghignate degli scarnificatori dei deboli.


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Mussolini
di Paolo Valera
pagine 213

   





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