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      Vattene. Egli penserà ai tuoi bisogni. Non ti lascerà mancare nulla, ma egli non vuole più udire parlare di te.
      Essa rispondeva con i suoi diritti, parlava del suo marito, del suo matrimonio.
      Tamajo alzava le spalle. La farsa di Malta ritornava in scena. Non c'era stato matrimonio. Colui che si era prestato alla falsa unione non era reperibile. Bisognava che ella si sottomettesse alla pochade crispina. E così ha fatto, col singhiozzo, col crepacuore. Ella non poteva scegliere che il lastrico o la questura. Ha accettato il mensile per non crepare di fame. La sua bontà è in un episodio. Vedendo un giorno Tamajo verso Montecitorio gli disse con la testa verso il palazzo della Consulta: "Non lo dimentico, sai. Saprei ancora amarlo e consolarlo".
      È andata al suo posto la Barbagallo, vedova di un magistrato di Siracusa. Quantunque fosse in azione il matrimonio civile da cinque anni egli la sposò solo in chiesa. Nel '76 il partito lo ha elevato a presidente della Camera. Il discorso inaugurale conteneva questa frase: "Come l'Etna, la fiera montagna del mio paese, ho la fronte coperta di neve. Ma il mio cuore è rimasto caldo e ardente per la mia patria". Il lapsus ha rivelato il rigattiere. I suoi discorsi non sono mai stati i "suoi" discorsi. Egli non aveva che l'arte di impararli a memoria e infondere ai pensieri le vibrazioni dei suoi nervi. Raggiunse il potere del suo sogno: quello di ministro degli Interni. Corse subito il sottovoce ch'egli aveva sposato la Filomena Barbagallo in chiesa.


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Mussolini
di Paolo Valera
pagine 213

   





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