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      Ma Cipriani nel 1882 le ha fatte piangere dirottamente. Nessuno potrà mai descrivere lo schianto del cuore romagnolo quando nella sera di marzo è giunta la notizia che gli infami giurati delle Assise di Ancona avevano condannato uno dei loro figli a 25 anni di lavori forzati. L'attività romagnola è rimasta interrotta. Pareva che le sue popolazioni fossero state paralizzate nei loro movimenti. È stato un dolore che si è tramutato più tardi in un turbine di turbolenza, di rabbia, di risentimenti, di esasperazioni. La gente si aggruppava per le strade, parlava concitatamente, si irritava e scoppiava con imprecazioni e lagrime. L'effervescenza romagnola si è propalata in tutta la penisola, dove formicolava la democrazia rossa o sbiadita. Un po' dappertutto ci sono stati tumulti, comizi, articoli di giornali, dimostrazioni, pubblicazioni,
      - Viva Cipriani! viva il colonnello della Comune! abbasso i giurati, morte a Depretis!
      Erano momenti in cui i partiti non si confondevano. I consorti rimanevano consorti intrattabili, inflessibili, incapaci di subire contraddizioni. I repubblicani e gli internazionalisti e i socialisti rimanevano fieri, fedeli alla loro causa, alle loro amicizie, ai loro odii, alle loro ripugnanze. Per i primi Cipriani era un volgare assassino che voleva nascondere le proprie macchie di sangue nel mazzinianismo e nel garibaldinismo. Per gli altri egli era vittima di un partito insolente, violento, che sfidava la collera pubblica con gli squilli di tromba, con le dagate, con gli arresti in massa.


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L'uomo più rosso d'Italia
di Paolo Valera
Arti grafiche Lampo Novara
1933 pagine 69

   





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