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      Tutta la democrazia che inchiudeva liberali, repubblicani, internazionalisti, socialisti e anarchici, era sulla piattaforma a scuotere l'opinione pubblica, a incendiare i cervelli, a domandare giustizia, a esigerne la scarcerazione, a rovesciare sui ministri, sui magistrati e sui giurati tutta l'oratoria arroventata. Pareva un finimondo. In Ancona, al momento del verdetto e della sentenza si erano uditi i cupi brontolii di un uditorio esterrefatto. Il sangue correva agitato per le vene e la sommossa era in tutte le teste. Senza la sbirraglia vestita in borghese, l'uragano avrebbe dato i primi rombi nell'aula. Il pubblico č uscito passando lentamente per i cordoni dei carabinieri e delle guardie con la bocca affollata di bestemmie. Fremeva. In istrada si č tolto dallo stomaco il peso. Č stata una rivoluzione di gridi. La folla č andata via imprecando. A ogni svolto, in ogni piazza, lungo i corsi, per le vie, i gridi divenivano frenetici. Il nome di Cipriani si sprigionava dalla furia popolare per disseminarsi come un martire della borghesia truculenta. Nessuno poteva trangugiare la sentenza che riduceva un eroe a un numero vituperevole di galera italiana.
      - Viva Cipriani! morte a Depretis! Viva la Repubblica. Abbasso la monarchia! Viva il colonnello della Comune di Parigi.
      I magistrati e i giurati non hanno potuto rincasare che in mezzo a tutta la forza pubblica radunata intorno all'edificio della Corte d'Assise.
      Le moltitudini si sonno avviate alla carcere, dove era rinchiuso Cipriani.


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L'uomo pių rosso d'Italia
di Paolo Valera
Arti grafiche Lampo Novara
1933 pagine 69

   





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