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      La sete, ah la sete! Coloro che sono stati condannati a nutrirsi di pesci salati senz'acqua non hanno sofferto quello che ho sofferto io. Sulla testa avevo i martelli che prorompevan sulle incudini. Pareva mi fracassassero il cranio. Dio boia, quanti spasimi mi hanno dato i martelli sulla testa. Ogni mattina mi portavano un quarto di litro d'acqua. Credevo di diventare furioso. Io avevo sete, soffrivo l'inferno. Gridavo:
      - Dell'acqua! dell'acqua!
      Mi negavano tutto. Morivo dalla sete e mi negavano l'acqua, morivo dalla fame e mi negavano il cibo, dal caldo e mi negavano l'aria, dal sonno e non mi lasciavano dormire con le loro maledette ronde! Nelle regioni tropicali la mia lingua era secca. Cercavo sovente un refrigerio buttandomi con le labbra sui ferri della mia tortura. Nei momenti spasmodici ho dovuto immergere la lingua nella mia orina. Cercavo di raffreddare le mani infuocate stringendo il vaso da notte. Tutti i miei proponimenti di conservare l'acqua per le arsure della giornata sfumavano. Una volta che la bocca era al boccale non sapeva desistere. Mi davano due gallette al giorno. Le divoravo e rimanevo affranto dalla fame. Mi si era aggiunta la stitichezza. Non sono andato di corpo per due mesi. Pisciavo rosso. Poi sono venute le formiche rosse. All'equatore eravamo presi d'assalto. Erano terribili. Possono uccidere e spolpare un bue al giorno. Di me hanno fatto strage. Il mio corpo era una piaga. Quando i miei compagni di deportazione seppero della mia condizione, ebbero un movimento sordo di rivolta.


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L'uomo pił rosso d'Italia
di Paolo Valera
Arti grafiche Lampo Novara
1933 pagine 69