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      Discutendo tra persone serie si trova da una parte l'idea che alcune poesie siano in gergo e altre no, dall'altra l'idea che tutte queste poesie siano di regola in gergo. E questa ultima è la mia tesi e dico subito qual è uno degli argomenti fondamentali che me la fanno proporre.
      Se alcune poesie fossero in gergo e le altre no, noi dovremmo avere due classi di poesie chiaramente distinte e differenziabili a prima vista: una classe di poesie tutte limpide, tutte chiare che non ci dovrebbero lasciare nessun sospetto di doppio senso, e una classe di poesie oscure, involute, impacciate.
      Ebbene queste due classi nettamente distinte di poesie non esistono affatto e nella massa di queste poesie si passa da alcune (poche) apparentemente chiarissime a quelle assolutamente incomprensibili attraverso gradi innumerevoli di diversa comprensibilità e oscurità. Vi è un numero enorme di poesie in alcune parti comprensibili e scorrevoli e in altre parti oscure e involute.
      Ho già citato la poesia di Guido Cavalcanti Veggio ne gli occhi, nella quale i primi sei versi sembrano di limpidissima poesia d'amore e poi balza fuori l'evidente simbolismo convenzionale delle donne uscenti l'una dall'altra.
      Ebbene queste poesie depongono assai potentemente per la tesi che tutte le poesie siano di regola scritte in gergo. Infatti non è comprensibile che chi scrive con l'intenzione di scrivere apertamente getti in mezzo a una poesia ingenua delle strofe in gergo: mentre è invece comprensibilissimo che chi scrive in gergo, con l'intenzione di dare al suo discorso un significato esteriore plausibile, un'apparenza verosimile di poesia d'amore, a volte riesca a darlo a volte non riesca, e riesca in una strofa e non riesca nell'altra e quindi finisca col mescolare poesie chiare (nelle quali il senso esteriore regge) con poesie oscure (nelle quali il gergo non riesce a trovare una limpida veste esteriore) e nella stessa poesia strofe chiare con strofe scure e versi chiari, limpidi, armoniosi con versi oscuri, contorti, brutti.


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





Guido Cavalcanti Veggio