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      Ma che bisogno c'era di questa giustificazione? Ma l'Amore non era personificato come figura rettorica già da secoli e non era un'immagine comunissima quella dell'amore personificato? E come Dante avrebbe perso tempo a soffermarsi su coloro che rimano senza un verace intendimento se questo verace intendimento fosse stato soltanto il senso letterale della poesia d'amore? Metteva conto di parlare, sia pure per dar loro degli stolti, di gente che avesse scritto senza dare alle sue poesie un senso letterale? Cioè che avesse scritto una serie di parole sensa senso?
      No, Dante e il suo amico Cavalcanti ridevano evidentemente di ben altri stolti, degli stolti cioè che non sapendo che la poesia d'amore aveva un verace intendimento quantunque adoperasse una «materia amorosa», imitavano le forme poetiche dei «Fedeli d'Amore» senza dar ad esse il profondo pensiero simbolico e iniziatico, cioè il loro verace intendimento, scrivevano facendo delle figure rettoriche senza ragione alcuna, cioè senza quelle ragioni che invece animavano profondamente la poesia amorosa di Dante e di Guido.
      L'ingenuità della critica realistica suppone che le spiegazioni che largisce Dante nella prosa della Vita Nuova siano proprio le spiegazioni di quel verace intendimento delle poesie. Non si accorge che quel commento è fatto per offrire maggiori spiegazioni a chi già sa, e confondere sempre più le idee di chi non deve sapere. Bel commento in verità quello nel quale il commentatore di se stesso a un certo punto dichiara che quello che egli dice «è impossibile a solvere a chi non fosse in simil grado fedele d'amore» e gli altri non importa che capiscano(29); e dove si tronca a un certo punto il discorso sul significato di una canzone dicendo «io già temo di avere a troppi comunicato il significato di questa canzone(30)»!


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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