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      Certo fra innamorati veri non c'è mai stato l'uso di occuparsi così sfacciatamente e ridicolmente dei fatti altrui e tanto meno questo metodo starebbe a posto se si trattasse veramente di quell'amore proprio di questi poeti del dolce stil novo e che richiede sempre la più delicata discrezione. Nel fatto la discrezione esso la esige sì, ma soltanto nei rapporti della «gente grossa», cioè di quelli che erano fuori della setta, tanto che Dante chiama addirittura malvagio il domandare che certuni gli facevano del suo amore(34); ma nei rapporti dei «Fedeli d'Amore» tra loro, questo amore è autoritario e inquisitoriale. Questa ingerenza negli amori degli altri arriva a degli strani parossismi. Non solo abbiamo una grande e solenne ramanzina di Dante a Cino da Pistoia, perché si dice che egli non sia molto fermo in amare (fedele alla setta) e contro Cino si scagliano a un certo punto da ogni parte i «Fedeli d'Amore» per certe sue infedeltà, ma c'è un sonetto di Dante (e poco importa se è invece di un suo amico) che ci fa veramente strabiliare e che mi pare impossibile che i critici, per quanto positivi, abbiano potuto credere che parli veramente dell'amore. Il poeta in forme alquanto oscure esulta insieme ad Amore, a monna Lagia e a Guido, perché, in seguito a qualche cosa di cui si è accorto Amore, la donna saggia (Lagia?) ha ritolto il cuore a qualcuno (Lapo?), per il che dovrebbe essere lodato anche Guido e anche il poeta stesso.
      Amore e monna Lagia e Guido ed iopossiamo ringraziare un ser costui


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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