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      L'autore della Sapienza dice di averla amata quando era giovinetto, di averla cercata in isposa, di essere stato innamorato del suo aspetto quando era puer ingeniosus e aveva sortito animam bonam.
      «Questa io ho amato e cercato fin dalla mia giovinezza e procurai di prendermela in isposa e divenni amatore della sua bellezza... Lei dunque mi risolvei di prendere a convivere con me, ben sapendo come ella comunicherà meco i miei beni e mi consolerà nelle cure e negli affanni... E il convivere insieme con essa non ha tedio, ma consolazione e gaudio...(107) Ora io ero fanciullo ingegnoso ed ebbi in sorte un'anima buona»(108).
      E come è descritta questa Sapienza? Proprio quale una donna che cammina per via come camminava Beatrice: «Luminosa ed immarcescibile ell'è la Sapienza ed è facilmente veduta da quei che l'amano, ed è trovata da quei che la cercano(109). Ella previene color che la bramano, ed ella la prima ad essi si fa vedere... Perocché ella va attorno cercando chi è degno di lei e per le strade ad essi dolcemente si mostra (Mostrasi sì piacente a chi la mira!) e con ogni sollecitudine va incontro ad essi(110)».
      Ma non sentite l'eco lontana, ma pur evidente, della famosa esaltazione: «Tanto gentile e tanto onesta pare...»? E non risentite poi l'appellativo stesso che Dante dà a Beatrice «O isplendor di viva luce eterna(111)» nell'attributo che le dà questo libro di «candor lucis aeternae(112)»? E non risentite l'unità perfetta di queste due donne nel grido col quale la donna del poeta è invocata nel Paradiso terrestre: «Veni sponsa de Libano(113)»? E non è proprio il Cantico dei Cantici che la invoca così sotto la forma di uno dei «ventiquattro seniori» che sono i libri del Vecchio Testamento?


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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