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      «Assunta così dai mistici questa metafora dell'amor della donna, tutto il linguaggio dei poeti d'amore fu preso e usato largamente in tutta la loro letteratura ampia e molteplice. Il qual linguaggio... era già stato trovato assai tempo prima, prima ancora che questa dottrina mistica nascesse, ed era stato adoperato con tutta la sua ricchezza di frasi, di immagini e di artifizi, nelle canzoni arabe e nelle persiane dei primi tempi. E i mistici, poiché l'ebbero trovato tale e visto acconcio alle loro idee, tutto se lo appropriarono e di tal maniera da non potersi molte volte intendere se il tal o tal'altro poeta... parli d'un amore vero o dell'amore divino. Perché come l'appassionato poeta d'amore, il mistico, inebriato dell'amor di Dio, rapito in estasi e nell'ardore della sua beatifica visione, parla a Dio come l'innamorato parla alla sua dolce amica; e l'amor suo gli dà fidanza piena né alcun dubbio gli sorge in cuore riguardo a questo suo amico verace che è Dio. Siccome poi egli è pellegrino per il mondo, così egli sospira nella lontananza e si lagna della fierezza e alterigia dell'oggetto di questo suo amore ardente, perché esso non gli si mostra né concede amplessi e baci. Dipinge perciò le ansie e i tormenti affannosi del cuore, descrive le notti insonni e conta le lacrime onde egli ha sparso il suo vedovo letto, anelando a quel momento felice in cui potrà ricongiungersi, e per sempre, all'amico suo. Come poi tutto ciò non è che metafora o piuttosto allegoria, così, anche il linguaggio amoroso e tutte le sue frasi ed espressioni hanno significato metaforico e allegorico; perciò, quando il poeta mistico vi parla del bel volume dei capelli della sua amica devesi intendere che questi capelli sono i misteri divini noti a nessuno fuori che a Dio; e la fronte della sua bella altro non è che la manifestazione di questi misteri e il mento è grado di perfezione, in cui si gode della contemplazione di Dio, e la fossetta del mento significa le difficoltà che incontra l'uomo nella ricerca di Dio e la pappagorgia è la gioia sovrumana di tale che finalmente è giunto alla conoscenza piena di Dio.


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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