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      Fin che in senno son io, con gente estranami sto sedendo;
      quand'ebbro son, sul seno dell'amicaio m'abbandono(136),
      tutti sanno, ripeto, che quell'ebbrezza del vino è mistica ebbrezza e che quell'amica, sul cui seno il poeta si abbandona, è Dio. Così pure sanno che è il Dio-Tutto quella sua amata che è allo stesso tempo lo specchio dell'amata e l'amante.
      Io dissi: E per chi mai così t'adorni?
      Per me, disse, perch'io unica sono.
      Son l'amor, son l'amante, e son la bella,
      lo specchio e la beltà che vi si guarda(137).
      Tutti sanno che il Poeta parla dell'amplesso di Dio quando parla del suo atteso connubio.
      In quel giorno che alfin in poter mioverrà di te connubio,
      del goder dei beati non vogl'iocurarmi in paradiso
      Senza di te del cielo nel desertose un dì mi chiameranno,
      il deserto del cielo a questo coretetro e angusto faranno.(138)
      Il poeta parla addirittura di notti d'amore passate con l'idolo suo e tutti sanno che queste notti d'amore hanno significato mistico e sono passate con Dio.
      Er'io ier sera con quell'idol mio,
      dolce a' suoi servi; ed erano moinedi me, di quello eran lusinghe e vezzi.
      Passò la notte, e non anche al suo finetoccava il nostro dir. Qual colpa mai
      n'ha la notte? Era il dir lungo d'assai(139).
      Questi poeti esaltavano il loro amore del vino e sappiamo storicamente che erano legati in un gruppo e Khaqani (morto nel 1186 o 1193) diceva in loro nome: «Dell'eterno almeno siam noi gli amanti». E poiché Yusuf (Giuseppe Ebreo) era nei romanzi mistici il comune simbolo di Dio amato da Zuleica (simbolo dell'anima) egli aggiunge:


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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