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      i' son tu' Deo;
      ed ogn'altra credenza metti a parte,
      né non creder né Luca, né Matteo,
      né Marco, né Giovanni... (Son. V).
      L'amante si avvicina al «Fiore», alla «Rosa» che è l'oggetto del suo Amore (VI), è imbarazzato da molte questioni che gli muove Amore, il quale gliele chiude nel cuore «con quella chiavicella ch'i' v'ho detto» (insegnamento segreto). Egli disprezza il consiglio di Ragione (prudenza) per seguire il suo desiderio, perché Amore gli ha giurato che lo metterà «in alto grado» se lo serve lealmente (X).
      Interviene allora un anonimo Amico (iniziatore), il quale lo assicura che lo Schifo (la difficoltà di intendere la Sapienza) che gli impedisce di giungere al Fiore si potrà vincere con l'umiltà (XI). Egli va con grande umiltà, ma il dio d'amore gli manda in aiuto anche Franchezza e Pietà. Lo Schifo cede e Bellaccoglienza, che ha in custodia il Fiore, «persuasa da Venere», permette all'amante di baciare il Fiore avvertendo però che il Fiore è guardato da Castità e Gelosia, da Paura e da Vergogna (l'ostacolo per amare la Santa Sapienza sono la gelosia della Chiesa e la paura dell'adepto di fronte ad essa) e soprattutto da «un villan che truov'ogni menzogna» che si chiama Malabocca (l'inquisitore). L'amante fra il terrore delle minacce bacia il Fiore e lo bacia (si noti bene) con le braccia in croce, gesto che non è certo dell'amore comune e sensuale, come vorrebbe apparire questo, ma che tradisce perfetta-mente il senso simbolico della Sapienza santa adorata.
      Sì ch'i' allor feci croce de le braccia,


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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